sabato 18 gennaio 2014

SHERLOCK - STAGIONE 1

L'uso di sviluppare serie televisive in stagioni composte da meno dei canonici 22/24 episodi ai quali ci ha abituati la serialità americana continua a dimostrarsi vincente. Questa scelta consente in prima battuta agli sceneggiatori e al budget di lavorare in maniera più mirata e a tutto vantaggio della qualità e a noi poveri spettatori in costante carenza di tempo di poterci godere ogni anno qualche bel prodotto in più. Pensiamo ai vari Black Mirror (3 episodi a stagione), lo stesso Sherlock (come sopra), Doctor Who (13 episodi), Life on Mars U.K. (6/7 episodi a stagione), The walking dead (prima 6 e poi 13) etc...

Non so a voi ma a me questa mentalità piace parecchio, pur continuando a seguire qualche serie da 24 episodi annui mi sembra quasi che queste diventino sempre più logoranti e troppo dilatate, ovviamente ci sono le eccezioni e quel che vi pare, però così è, la formula medio/breve mi pare che offra prodotti migliori. Sentitevi comunque liberi di smentirmi, riesco a guardare così poche serie in un anno che il mio parere non so quanto possa far testo.

Finalmente, grazie proprio alla sua brevità, sono riuscito a guardare con mia moglie una serie seria (cioè che non sia Big Bang Theory e scusate il gioco di parole serie/seria), la nostra scelta è caduta proprio sulla prima stagione di Sherlock.

I creatori Steven Moffat (a lavoro anche su Doctor Who) e Paul McGuigan, dopo aver studiato la lezione di Conan Doyle, trasportano il detective più famoso dell'epoca vittoriana nella Londra dei giorni nostri mantenendone però vizi e virtù inalterati ma al passo coi tempi. Insomma, lo Sherlock Holmes dei romanzi di Conan Doyle non era esattamente un simpaticone così come non lo è l'Holmes interpretato da Benedict Cumberbatch, il primo usava il metodo deduttivo e così fà il secondo, uno era un inguaribile annoiato (tranne che nel dipanare ingarbugliate matasse mentali) e così l'altro. Quindi l'Holmes moderno rispecchia abbastanza fedelmente il vero Holmes, altro che quell'interpretazione da cialtrone propinataci da Guy Ritchie per ben due volte sul grande schermo (e la seconda al momento mi sono rifiutato di vederla). Si gioca con tutto ma per alcune cose ci vuole rispetto, eh!

Qui rispetto ce n'è davvero parecchio, nello spirito almeno se non proprio al 100% nello sviluppo delle trame che prendono comunque spunto dalle storie arrivateci grazie alla penna del fido Watson qui interpretato da Martin Freeman.  Il Dr. Watson è, come il suo predecessore, un medico dell'esercito reduce da un'esperienza in Afghanistan. Alla ricerca di un appartamento viene indirizzato al 221B di Baker street, unico neo dell'intera vicenda il dover condividere l'appartamento con lo scostante quanto brillante Sherlock Holmes, sorta di consulente investigativo per polizia e non solo.

Nel primo episodio, Uno studio in rosa, direttamente mutuato dall'originale Uno studio in rosso, entriamo nel nuovo mondo di questo dinamico duo e assistiamo al dipanarsi della vicenda osservando il peculiare metodo investigativo/deduttivo di Holmes che si avvale qui di tutte le moderne risorse a disposizione: internet, smartphones, computer, etc... Allo stesso modo Watson, da scrittore dilettante, diventa un blogger molto seguito e via discorrendo. Come accennavo sopra lo spirito è quello giusto e la dislocazione temporale dal classico al moderno davvero riuscita.

La serie tra l'altro è in crescendo, parte con un ottimo episodio introduttivo dove tra l'altro compare anche Microft Holmes (lo stesso ideatore McGuigan) che ci permette di entrare nel mood della serie, alza il ritmo con un episodio centrale molto dinamico e articolato (il banchiere cieco) e si conclude con un terzo episodio (Il grande gioco) che ci propone già il primo incontro/scontro tra Holmes e Moriarty (Andrew Scott).

Un altro prodotto vincente dalla cara terra d'Albione, davvero niente niente male, la coppia di protagonisti si dimostra affiatata e, una volta messo tutto in prospettiva, risulta essere un versione parecchio convincente di una delle coppie più riuscite della letteratura mondiale.


16 commenti:

  1. le serie tv inglesi forse hanno un aspetto meno industriale di quelle americane proprio perchè in meno episodi e spesso anche più lunghi dei canonici 40.42 minuti delle serie americane...

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    1. Concordo, ho sempre pensato che gli inglesi in fondo abbiano una marcia in più.

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  2. con i suoi 90 minuti ogni episodio si potrebbe considerare un film a tutti gli effetti, La qualità è altissima e il crescendo che si ha nella prima stagione tra una puntata e l'altra si ha anche con il passare delle stagioni: è appena finita la terza e si è raggiunto un livello epico.
    Straordinario il lavoro compiuto da Steven Moffat e Mark Gatiss,
    fantastici e perfetti Benedict Cumberbatch e Martin Freeman.

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    1. Mi fa piacere sentirlo, noi siamo già pronti per goderci la seconda stagione :)

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  3. Si si, bella serie, niente a che vedere con il pur bravo Downey Jr. che con Holmes non ci azzecca nulla!
    E poi un cattivo di Star Trek e uno hobbit non possono che avere una marcia in più!

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    1. Non sapevo né che uno avesse fatto Star Trek (quale l'ultimo?) né che l'altro fosse un hobbit (ma chi è proprio l'ultimo, quello del film Lo Hobbit?). Comunque gran serie.

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    2. Benedict Cumberbatch (Sherlock) ha interpretato il cattivo dell'ultimo Star Trek ma ha dato anche la voce ai cattivi di The Hobbit.
      Martin Freeman (Watson) ha interpretato Bilbo Baggins in The Hobbit.

      Aggiungo poi che se non ricordo male Benedict Cumberbatch aveva fatto il provino per Doctor Who (per la parte di Eleven) prima di essere scelto per Sherlock.

      http://www.youtube.com/watch?v=q3bGYljQ5Uw

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    3. Grazie per le segnalazioni, soprattutto quella di Wholock, non ne ero al corrente :)

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  4. Ne ho sentito parlare tanto e bene. Lo andrò a recuperare. Besos !

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    1. Ciao Black, recupera, ha il doppio vantaggio di essere una serie breve e molto ben scritta.

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  5. Quando vidi la prima puntata, rimasi stupefatta. Sono sin da bambina una fan di Sherlock Holmes e ho sempre avuto timore delle trasposizioni moderne dei miei classici preferiti. Ma questa supera ogni aspettativa perché mantiene inalterata l'essenza del romanzo con una sceneggiatura perfetta e due protagonisti eccezionali.

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  6. E aggiungiamo che Martin Freeman è stato protagonista di un altro film tratto da un cult della letteratura inglese: La guida galattica dell'autostoppista. X non parlare delle sue partecipazioni nella serie The Office e se non sbaglio anche in Shameless (quelle inglesi ovviamente).

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    1. Di tutto sto ben di Dio avevo iniziato a vedere solo la Guida galattica, poi colto dalla noia mi sono addormentato :)

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  7. Beh, il film può piacere o meno, ma il libro è tra i più divertenti che abbia mai letto! Douglas Adams, ci manchi!

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    1. Anche io avevo preferito il libro, pur non facendomi impazzire ricordo con piacere molte trovate, una su tutte il robot depresso :)

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