lunedì 12 febbraio 2018

DOPPIO GIOCO

(Criss cross di Robert Siodmak, 1949)

Doppio gioco porta in sé moltissimi degli elementi classici del noir insieme a note dinamiche proprie dell'heist movie contaminate da una vicenda sentimentale e passionale che in fin dei conti va addirittura ad eclissare tutto l'aspetto più crime dell'intero film, tutti questi ingredienti sono sapientemente cucinati da un regista, Robert Siodmak, che grazie alle sue scelte stilistiche dosa al meglio tensione, dinamismo e approfondimento psicologico dei suoi personaggi. La prima inquadratura è una bellissima panoramica aerea sulla Los Angeles di fine anni 40 sulle musiche di Miklós Rózsa, la camera cala progressivamente fino a stringere su un particolare parcheggio, tra due file di macchine Stefano (in originale Steven, interpretato da Burt Lancaster) e Anna (Yvonne De Carlo), si baciano con trasporto. I due stanno chiaramente architettando qualcosa, le figure presto si delineeranno: la femme fatale, il vinto in cerca di riscatto e il delinquente senza scrupoli qui imputabile al personaggio di Slim (Dan Duryea). Non manca ovviamente nemmeno il poliziotto chiamato a mettere un po' d'ordine nella vicenda e nella vita dei protagonisti, nella fattispecie l'amico fraterno di Stefano, il tenente Pete Ramirez (Stephen McNally).

Stefano torna in città dopo un paio d'anni in giro per gli States, il divorzio con Anna è stato digerito solo in apparenza, come sottolinea un altro personaggio del film "quella donna gli è rimasta nel sangue". L'amore fa fare cose stupide, seppur i motivi della separazione tornano chiari non appena i due si incontrano nuovamente, al cuor non si comanda e per avere quello di Anna a Stefano servono i soldi, oscuro motore di mille vicende ai quali, in seguito alla sua unione con Slim, Anna ormai si è affezionata troppo. Stefano torna a vivere a casa sua, con la madre e il fratello, riottiene il suo vecchio lavoro in una compagnia che si occupa di trasporti di preziosi, riallaccia i rapporti con Anna e per portarli avanti sviluppa un'idea che coinvolge il suo lavoro e l'attuale compagno dell'ex moglie, ben inserito nella mala locale.


Per illustrare allo spettatore tutto il pregresso delle situazioni che porteranno alle sequenze più dinamiche del film, Siodmak utilizza un unico flashback che ci accompagna dal ritorno in città di Stefano fino all'inevitabile rapina al portavalori, lo fa dipingendo interessanti scorci della città, angoli che sono ormai splendidi documenti, concentrandosi sui sentimenti dei protagonisti grazie a inquadrature ravvicinate, quasi a invadere il pensiero dei personaggi in scena, tratteggia scorci di vita familiare come la movimentata vita dei locali notturni con un'attenzione particolare per musica e musicisti. Si passa poi all'heist movie con la costruzione del colpo, la divisione dei compiti, il parere dell'esperto e avanti di questo passo.


Si torna al presente con l'esecuzione del piano durante la quale si inanellano sorprese e colpi di scena che porteranno alla tesa risoluzione finale durante la quale Siodmak ricorre a soluzioni visive atte a procurare, riuscendoci, la necessaria tensione utile per preparare il finale affatto consolatorio. Con i titoli di coda tutto torna ad avere il sapore del vero noir, nonostante nel dipanarsi della vicenda ampio ruolo abbiano avuto i risvolti sentimentali. Un bel film, classico, secco, senza fronzoli inutili, ottimi interpreti di una Hollywood che purtroppo non c'è più.

4 commenti:

  1. Da ignorante cinefilo non conoscevo questo film. Mi incuriosisce capire il doppio gioco chi lo fa, anche se mi sono fatto un'idea.

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    1. Se apprezzi il Cinema di qualche anno fa, questo film non delude, c'è anche un bel finale, cosa non sempre scontata.

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